Le esperienze delle donne

Sono una donna di 36 anni.

 Oggi ho deciso di raccontare la mia storia – Novembre 2020

 

“ Ero una bambina vivace felice, molto spensierata, giocavo molto, avevo un papà e una mamma che mi riempivano di coccole. Non mi mancava niente. Ma anche nelle belle fiabe qualcosa può andare storto e da un giorno all’altro tutto è cambiato. Avevo 8 anni, quando il mio papà muore, all’improvviso la mia vita viene stravolta. Cosi ha inizio il mio calvario. Mia mamma è distrutta e quasi subito, decide di andare a convivere con un vecchio amico del papà, io mi sento tradita, la mamma non ha più tempo per me.  Passa tutto il suo tempo con lui ed entra nel mondo della droga. Non la riconosco più. Non si occupa di me, non cucina più, non mi parla più, quando è sotto l’effetto della droga, trascorre le sue giornate a letto, io rientro da scuola sempre da sola e raramente trovo il pranzo pronto. Avevo solo 9 anni. Ero molto triste. Avevo perso il mio papà e ora stavo perdendo anche la mamma.  Il suo convivente, avrebbe voluto prendere il suo posto si arrabbiava ed erano botte se non lo chiamavo papà. Erano botte anche quando era in astinenza della sua dose di droga. La cucina era diventata la stanza della droga, sul tavolo c’erano tre mixer per preparare le loro dosi.  Se non c’erano gli amici del convivente di mia mamma, potevo guardare la televisione, altrimenti venivo chiusa a chiave in camera, a volte si dimenticavano di me, io ero così spaventata, stavo in silenzio, non osavo chiamarli, tanto è che più volte, mi sono fatta la pipì addosso.  Mi mancava sempre di più il mio papà e la  mamma mi faceva tanta pena, non era riuscita a reagire al grande dolore della perdita del marito, era diventata succube di quell’uomo, così diverso e cattivo. Un giorno, dopo una litigata più forte del solito, era andata ai servizi sociali a chiedere aiuto. Io ho voluto parlare con l’assistente sociale e le ho raccontato quanto stava succedendo in casa, ero disperata, non ne potevo più di prendere botte ed essere rinchiusa. L’Assistente Sociale mi ascoltava ed io non avevo più fiato. Era stata la mia salvezza.  Mia madre decide comunque di tornare da lui e mi lascia da una sua amica. Chiedo alla sua amica di chiamare i servizi sociali perché mi venissero a prendere.

Era sera, ricordo che era buio, mi portano in un collegio di suore.  Ho pianto tutta la notte, mi sentivo in colpa non volevo tradirla, ma non potevo continuare a vivere in quel modo e la mamma mi mancava comunque tantissimo. Da quel giorno, per un anno non l’ho più vista, lei era sempre più spesso sotto l’effetto della droga, non aveva tempo per me, era una donna distrutta. Io continuavo a crescere da sola, un po’ spaventata e molto triste. Al sabato e la domenica il collegio si svuotava, tornavano tutti a casa, ero l’unica che rimaneva li, senza compagni, mi inventavo mille giochi, ma da sola mi annoiavo a morte.

Finite le elementari, mi trasferiscono in una Comunità per problemi famigliari prima a  Narzole poi Revello e infine Mondovì.  

A 16 anni conosco un bravissimo ragazzo di nome Mohamed, mi sembra di sognare. Mille regali. Messaggi sempre carini e tante attenzioni. Mi portava sempre con lui, in posti nuovi. Non avevo occhi che per lui. Gli anni passano veloci, ormai ho  17 anni ½,  i fondi dei Servizi Sociali scarseggiano, sono quasi grande, così decidono di farmi tornare a casa dalla mamma.

Mia mamma ormai da tempo si era lasciata con quel convivente cattivo, aveva avuto altri uomini, che io neanche avevo conosciuto.

Dalla droga ne era uscita, ma era entrata nel mondo dell’alcool.

C’era sempre una dipendenza che la allontanava da me.

 La famiglia paterna e quella materna non ne volevano sapere di me, nessuno voleva prendersi la responsabilità di una ragazza figlia di una tossica.

Cosi uscita dalla comunità torno da mia madre, ma la convivenza dura poco.

Era gelosa del suo convivente e così sono tornata a girovagare da un’amica all’altra, fino a quando Mohamed mi chiede di sposarlo, ero al settimo cielo, lo amavo veramente molto e mi sembrava la soluzione perfetta.

Vado ad abitare a casa sua, facciamo il matrimonio islamico, mi fa convertire all’Islam e al compimento dei miei 18 anni facciamo il matrimonio in Comune. Ero felicissima. Mi sentivo una principessa. All’inizio andiamo ad abitare con i suoi genitori. Mohamed mi aveva promesso che presto avremmo avuto una casa tutta per noi. Non era vero, non aveva nessuna intenzione di andarsene da quella casa. Mia suocera mi trattava come una figlia, mi vuole bene, mi insegna a cucinare, ma con il tempo diventa troppo invadente.  Per lei era molto importante che io seguissi la loro religione e pretendeva che mettessi sempre il velo, per me era una gran fatica, ma lo facevo per amore di mio marito.

Quando nasce il mio primo figlio, capisco quanto fosse chiusa la loro cultura e che poco valore davano alla donna, la nuora poi, ancora di meno. A mio figlio avrei voluto dare il nome di mio padre, ma mi è stato proibito, ed è stato chiamato come avevano deciso loro.

Ero molto triste e dispiaciuta, ma alla vista di mio figlio avevo già dimenticato tutto. Per la prima volta nella mia vita ero davvero felice. Tornata a casa dall’ospedale, mia suocera non mi lasciava un attimo, con mio figlio voleva fare a modo suo, io temevo che lui si affezionasse di più alla nonna che a me che ero la sua mamma, questo mi faceva soffrire molto.  Solo quando è andata in Marocco dalla sua mamma che si era malata, sono stata libera di stare con mio figlio. Dopo 7 mesi anche mio marito decide di andare in Marocco, io ero contenta, avrei visto la terra dove era cresciuto, avrei conosciuto i suoi amici, invece anche qui le cose non vanno come credevo e inizia un nuovo calvario. Tutti i giorni esce con gli amici lasciandomi sempre a casa con la suocera , un giorno stremata e stufa , le chiedo di portarci al  mare con lui e di  stare piu’ tempo insieme, ma qui che scopro la sua vera identità. Mio marito era un uomo arrabbiato e inferocito. Mi ha picchiata con mio figlio in braccio perché avevo osato chiedergli se mi portava al mare, mi ha lasciata sul letto a piangere e se ne era andato. In quell’attimo mi sono sentita tutto il peso del mondo addosso. Per l’ennesima volta ero sola. Non sapevo piu’ che cosa fare, mi sono alzata, lavato il viso cercando di non farmi vedere da mio figlio perché era piccolo e non volevo che si spaventasse. I miei suoceri erano usciti, quando sono tornati a casa ed hanno saputo quanto successo, erano dispiaciuti. Mio suocero mi ha difeso, l’ha chiamato al telefono e insultato, lui incurante di tutto, non è tornato a casa per due giorni. Al rientro mi chiede scusa, ed io l’ho subito perdonato, anche se ormai il nostro rapporto non era piu’ lo stesso. Era cambiato, non mi dava piu’ attenzioni. Mi trattava come una sorella.  A volte era anche  gentile, ma non dovevo illudermi perché’ durava sempre troppo poco.

Nasce la bambina, io aiutavo la suocera a fare i lavori di casa, non avevo mai tempo per me. Al compimento dei 2 anni di mia figlia vengo a sapere che lui mi tradisce, mi sono sentita una stupida, non me ne ero mai accorta. Nonostante le promesse, non è mai cambiato, raccontava molte bugie e non mi considerava più, ero diventata invisibile, ero stata ancora una volta buttata in un angolo. Ma a me poco interessava. Io provvedevo a tutto quanto c’era da fare, soprattutto mi occupavo dei figli. Per lui era importante solo il lavoro, il resto non contava. Un giorno trovo per caso, alcuni messaggi che la sua amante le aveva scritto, chiedo spiegazioni, lui per tutta risposta, mi picchia, urla forte e mi insulta, i bambini si spaventano molto e si mettono a piangere. In quel momento ho deciso di subire e stare zitta per il loro bene. Ero convinta che per i figli fosse comunque meglio avere un padre presente. Mi faceva violenza psicologica ed economica. Ogni volta che le chiedevo i soldi per la spesa si lamentava, si arrabbiava, tutto era un problema.

 Gli insulti continuavano ed erano sempre più pesanti, “vacca chiudi quel becco” mi diceva, ero sempre più triste e confusa, mi stava convincendo che non valevo nulla, mi credevo una perdente. Intanto mi cerco un lavoro, per avere la possibilità di uscire di casa. Mi viene proposto un lavoro da badante. E qui torno ad aver fiducia in me, la signora Agnese mi valorizza, per me diventa la nonna che non ho mai avuto, mi permette di portare a casa sua anche i miei figli, era una maestra, li aiutava anche a fare i compiti, passavamo ore e ore con lei a cantare felici.  Lui vedendo che non le davo piu’ importanza era diventato geloso. Dubitava del mio datore di lavoro, un anziano medico, un gentiluomo che con la moglie Agnese mi hanno sempre rispettata. Un mattino, mi ero preparata per andare al lavoro, lui era fuori di se. Tremavo, avevo paura. Avevo preparato la colazione, lui ha iniziato a gridare, a insultarmi e a dirmene di tutti i colori, ha  preso una tazza piena di latte caldo, e me l’aveva buttata sulla schiena, anche questa volta in presenza dei bambini.  Mio figlio dallo spavento era corso in camera sua e si era nascosto sotto il letto, mentre mia figlia mi teneva stretta, non mi lasciava un secondo. Li non ci ho piu’ visto, ho preso i miei figli ,e fingendo di andare al lavoro, accompagnata dalla signora che badavo, mi sono recata in pronto soccorso dove  c’era una mia amica, che si è presa cura dei miei figli.   Senza pensarci nemmeno un attimo sono entrata al pronto soccorso e  denunciato quanto accaduto. Non ne potevo piu’. Mi sono fatta visitare e dopo aver risposto alle  mille domande dei medici, sono corsa in caserma per denunciarlo. Non ne potevo più, ero decisa a non tornare in quella casa. La signora Agnese ci ha ospitati tutti in casa sua.

Lui al ritorno me lo ero trovato sotto casa, tutto arrabbiato. Gridava mi insultava. Allora avevo chiamato immediatamente i carabinieri. Erano venuti e l’avevano fatto allontanare.

Avevo spento il telefono per non leggere i suoi mille messaggi offensivi. Avevo tirato un sospiro di sollievo. Quella sera avevo pregato tanto con Agnese, mi aveva riempita di baci, era il mio tesoro. Ero decisa al 1000 % . volevo farla finita una volta per tutte, ma qui entra in gioco la sua famiglia che come in processione arrivano uno alla volta a pregarmi di tornare. Io non volevo più tornare. Alcune sere dopo, un’amica mi invita a casa sua per la cena, ma era una fregatura, perché arrivata a casa sua trovo mio marito che  piagnucolando, mi fa mille promesse, mi tocca nel mio punto debole. I figli. Mi dice che non dovevo farli crescere nella povertà, che dovevo farli studiare, che dovevano stare con tutti e due i genitori, le ho creduto.  Cosi, tornata a casa nella speranza di un suo cambiamento, su sua insistenza, tolgo la denuncia. Al processo, ci sono andata da sola e lo avevo addirittura difeso. Lui non aveva più nulla da perdere, era tornato cattivo come sempre. Nel frattempo ero rimasta incinta di Sofia. Mi ha insultata durante tutta la gravidanza, dicendomi che la bambina non si sapeva se era sua, ero andata via di casa, che facevo schifo. Me ne diceva di tutti i colori. Dentro di me avrei voluto morire.

 Mi sentivo uno schifo. Ma dovevo combattere per i mie figli. Loro non ne potevano niente.  Per tutta la gravidanza sono stata da sola. Senza mai chiedere niente a lui. Quando nasce Sofia, per farmi un dispetto, va al consolato del Marocco e mette il nome Safia. Intanto i litigi continuavano, non voleva mai darmi soldi per la spesa, mi insultarmi, mi diceva sempre che ero una donna schifosa che aveva denunciato il papà dei suoi figli.

Ero molto triste perche’ il giorno che era nata Sofia era morta Agnese e questa perdita  mi aveva lascito un grande vuoto dentro. Poi man mano andavamo avanti. Sofia aveva 4 anni, quando trovo lavoro in un ristorante, come aiuto cuoco e lava piatti. Ero tornata a mettere il naso fuori casa e in piu’ mi facevo aiutare da una psicologa dell’Asl. Avevo ritrovato coraggio. Mi aveva consigliato di rivolgermi ad una Associazione per chiedere sostegno. Le cose non erano facili, cosi disperata avevo chiesto aiuto anche alla San Vincenzo. Una signora mi aveva portata dall’Associazione per chiedere aiuto riguardo ad un’abitazione e li conosco  l’Associazione Mai + Sole, mi mettono in contatto con  un Avvocato che mi ascolta e mi consiglia su che cosa devo fare. Avevo trovato la via di uscita.

 La San Vincenzo mi avevano aiutato a fare il mini credito con una banca per comprarmi una macchina.

Poco alla volta ci stavo riuscendo. Intanto trovo un alloggio ammobiliato, ma soprattutto trovo il coraggio di dire a mio marito che era finita, che me ne sarei andata. Lui si è messo a piangere, il giorno dopo non si fa vedere per tutto il giorno, quello seguente era molto arrabbiato. Io ormai, avevo deciso di andarmene e così dopo 15 giorni mi trasferisco nella nuova casa. Ero triste, non è stato facile lasciare la casa, il paese e ricominciare tutto con i miei tre figli. Mi sentivo forte e coraggiosa. Lavoravo, facevo la mia vita e andavo avanti. Ma sei mesi dopo, altro imprevisto mi ferma, avevo avuto un incidente stradale, distrutto la macchina  e mi ero rotta la mano, ancora oggi ho un deficit perche il 4° metacarpo e’ distrutto. Per l’ennesima volta mi era caduto il mondo addosso. Ero disperata. Non potevo nemmeno mettermi mutua, perchè avevo un contratto a chiamata che non la prevedeva, intanto la mia datrice di lavoro mi avvisa che dopo due mesi avrebbero chiuso il locale. Cosi dopo tanti pensieri, ma soprattutto molto impaurita, torno da lui. Naturalmente era arrabbiato, geloso, ma poi ci ha accolto. Io ero con la testa bassa, mortificata, sola tra me e me, senza un lavoro e con la mano che non potevo più usare come prima. Dopo due mesi dall’intervento mi avevano sfilato un ferretto, poi ho fatto fisioterapia per due mesi, nella speranza di recuperare la mano quanto più possibile.  Anche li ero sola, non potevo guidare, mi facevo km a piedi per raggiungere la stazione e andare all ‘ospedale per la fisioterapia. Mi sentivo una fallita. Non riuscivo nemmeno più a guardarmi allo specchio.

La prima Associazione mi aveva rimproverata e chiuso ogni tipo di rapporto.

Mi sentivo anche in colpa. Non sapevo piu’ cosa fare, mi ero arresa. 

 Il tempo passa, i figli crescevano in un ambiente difficile, e sono stati proprio loro ad  implorarmi  di andarcene.

Cosi dopo un anno, decido di ricontattare l’Associazione Mai + Sole. Ho avuto subito un appuntamento, ho spiegato bene qual’era la mia situazione e quella volta mi sono sentita accolta, qualcuno mi stava ascoltando.  Mi avevano  dato consigli, mi sostenevano anche tramite i  messaggi telefonici, avevano riconosciuto la mia identità, io pensavo di essere arrivata alla fine, invece tutto riprende il via, Adonella mi fa avere  un colloquio di lavoro. Non mi sembrava vero. Un sogno che stava diventando realtà. 

Al colloquio sono stata accompagnata da Marisa, volontaria di Mai+Sole, tanto cara, ero agitata, ma lei mi rassicurava, mi dava forza, mi aiutava a credere in me. La Signora che mi ha fatto il Colloquio mi ha fatto tante domande. Mi sono commossa quando mi ha chiesto cosa avrei fatto con i soldi dello stipendio. Ero stra felice. Avevo avuto il mio primo vero colloquio di lavoro, ora dovevo solo aspettare la telefonata dell’Azienda. Durante il tragitto di ritorno a casa mi arriva la telefonata. Quel giorno ho pianto di gioia. Non mi sembrava vero, avevano chiamato proprio me per un lavoro con contratto.

 Non è stato tutto facile, avevo paura di sbagliare, mi tornavano alla mente le parole di mio marito, quando mi diceva che non valevo niente, ch ero stupida, ma sono riuscita a non mollare, a stringere i denti e dopo il primo contratto ne è arrivato un altro. Quando mi sentivo stanca andavo a confrontarmi con la psicologa Petra, che collabora con Mai+Sole,  per parecchio tempo ci sono andata tutte le settimane, avevo bisogno di lei, dei suoi consigli e soprattutto mi caricavo di tanto coraggio. Cosi andavo sempre più avanti. Fino a quando un giorno vengo a scoprire che dove abitavo io c’era un alloggio ammobiliato da affittare, non ci ho più pensato e me ne sono subito andata.

Mai+Sole mi ha aiutata a comprare la macchina, indispensabile per andare al lavoro.

Ora sono una donna libera.

Non ho piu’ nessuno in casa che mi insultata. Devo crescere ancora un po’ di mente, cercare di eliminare la paura di non piacere alle persone, devo imparare a non farmi mettere i piedi in testa da nessuno. Imparare a dire di No, ma ci sto lavorando.

Ho tantissime cose che stanno andando bene. Il contratto me l’hanno rinnovato ed è a tempo indeterminato, sono orgogliosa di me stessa perché torno a casa tranquilla e serena con i miei figli, che sono stati fondamentali in questo mio percorso di vita. 

Ora ho tutto e tutto questo grazie anche a  Mai+Sole .

Adonella mi ha sempre fatto sentire una di famiglia. Ho ancora in mente il funerale della sua mamma, quando ha visto me e mia figlia, mi ha abbracciato e si è commossa. Per me e’ stata e lo sarà per sempre la mia ancora di salvezza. Lei ha creduto in me e mi ha dato una nuova possibilità, sarò grata a vita a voi volontarie, perche’ senza di voi non sarei qui dove sono arrivata ora.

 Vi amo di bene.

Ringrazio anche Petra per avermi fatta diventare forte. E un ringraziamento speciale ad una persona di cui non voglio fare il nome…… ma è anche grazie a lei se sono qui.

Amo essere grata, non lo faccio per lecchinare, nella vita non ho mai avuto niente, ora mi godo ogni minima cosa che ho.

Ho imparato che la Gratitudine riempie il cuore di gioia.”

Adi 



Ottobre 2020

E’accaduto
Ho portato dentro ferite solitarie e colpevoli, come se fossero parte di me, come un secondo nome. Un nome segreto che nessuno doveva conoscere, un vestito sconcio che mi definiva e mi faceva sentire sbagliata.
Quell’uomo mi aveva resa invisibile, aveva trasformato le sue colpe in vergogna per me. Mi aveva incollato addosso le sue mani e la sua violenza come una seconda pelle.
Quante urla ho ascoltato, quante braccia mi hanno minacciata, quante dita si sono sollevate a impormi limiti, quante mani si sono alzate e quante volte ho pensato che non sentirle addosso fosse un premio, una tregua, quante volte mi sono fatta piccola e silenziosa, quante volte sono diventata invisibile, per evitare che succedesse?
La violenza peggiore è aver lasciato che diventassero parte di me.
Là in fondo, dietro quella che ci hanno insegnato a chiamare fragilità, sotto la mia rabbia, sotto l’incapacità di perdonarmi senza una colpa a cui accoppiarla, sotto tutto quanto, c’è stata la violenza di un uomo, che non viene mai chiamato con il proprio nome, perché ha finito per lungo tempo per prendere il mio.
E’ accaduto perché ho avuto timore di star sola, perché l’uomo per il quale avevo lasciato tutto ed attraversato lo stivale non voleva quel figlio che io desideravo ardentemente, perché volevo inseguire l’illusione di avere una famiglia come quella nella quale sono nata e cresciuta, perché ho pensato che passasse ed invece...
Piatti rotti, vestiti strappati, tazzine di caffè lanciate addosso, calci, pugni, sputi, parole umilianti, raggiri, tradimenti, sfruttamento economico…
Ero diventata un bancomat e, volente o nolente, dovevo dargli dei soldi… e fai in modo di darglieli se vieni spostata a calci in corridoio come fossi uno zerbino!
Sopporti, non alzi più lo sguardo, non fiati, non sei tu…nessuno capisce il tuo dolore…sei una foglia accartocciata, ma, prima o poi, riprendi forma…
Pensavo di essere tornata libera, mandandolo fuori da una casa in cui io ero diventata ospite e lui padrone, pensavo che, passo dopo passo, sarei riuscita a riportare in pari i conti…
Si è ripresentato all’improvviso, quando credevo di poter ricominciare, e mi ha picchiata a sangue, ma quel sangue mi ha resa libera: scorrendo giù dalla mia testa, ha purificato la mia anima.
Finalmente ho chiesto aiuto e ho trovato un angelo di nome Adonella che mi ha abbracciata, accolta e non mi ha giudicata.
Ho azzerato tutto: ho cambiato città, ho messo su una nuova splendida casa, e passo dopo passo, accompagnata dall’amore di chi mi ha dato la vita, dal sostegno di amiche
vere, dall’ascolto di una “stampella” di nome Petra, ma soprattutto dalla mia energia, dalla mia ritrovata libertà, ho ricominciato a vivere, a risentire un po' di calore, a superare il freddo gelido che ha avvolto il mio cuore, a guardare fiduciosa oltre e verso il futuro e a pensare che, nonostante tutto, sono cresciuta, sono diventata migliore, capace di accogliere gli altri sempre e comunque, di non esprimere giudizi forse perché ho conosciuto il pregiudizio, capace di credere che sia ancora possibile vivere intensamente, di pensare che ho mille qualità ed infinite risorse, che ho un nome da pronunciare ad alta voce per dare voce a chi più sfortunata non ne ha più.
E’ accaduto, non ho scelto, ma per evitare che si ripetesse mi sono scelta: era il 29 Agosto del 2018. Ho percorso più di 700 passi, pensando sempre alle parole donatemi da Adonella mentre lasciavo un angolo speciale dove ho “conosciuto” il suo angelo: “Vai e che la vita sia una bella storia”.
Continuo a camminare. Sento che mancherà per sempre un pezzo, una sorta di tassello che ha lasciato una ferita profonda. Sono diventata un po' più diffidente, ogni tanto, quando sono molto stanca, tremo ancora, ma ho più fiducia in me. Ho fatto pace con il mio cuore, mi sono perdonata e ho imparato ad abbracciarmi e fiera, con un costante tocco di rosso qua e là, proseguo nel qui e nell’ora.
Non posso cambiare il passato, non posso prevedere il futuro, ma ho il dovere di vivere al meglio, per ogni donna e per tutte le donne, il mio presente.

Principessa




Caro Angelo, sembra passato una vita da quando ci siamo conosciute. Mio Dio, ero distrutta, ero vuota e spenta come donna, come persona e come mamma, ero spaventata terrorizzata, non sapevo più cosa fare, non avevo più idee, volevo solo mettere in salvo i miei battiti del cuore. Poi sei entrata nella mia vita, eri piena di vie d’uscita e dentro al mio cuore è spuntata un po’ di luce. Vedi Angelo, io non ho mai avuto niente nella mia vita se non indifferenza, umiliazioni e tanta violenza! Ma per qualche motivo che ancora non so, ho trasformato il dolore in amore per il prossimo, spesso leggo una frase che dici e che fai quello che fai perché sei stata fortunata ad avere una vita piena d’amore e vuoi condividere. Io invece lo faccio perché non ho mai avuto niente del genere, a parte i miei battiti, tu sei stata la prima persona che mi ha dato solo perché ne avevo bisogno, non ho dovuto guadagnarmelo. Mi hai aiutata, sostenuta, mi hai abbracciata e sorriso così speranzosamente da riempirmi il cuore.
Te l’ho già detto ma lo ripeto “tu sei il mio idolo”.
Mi hai detto che il mio cuore non te lo ruba nessuno, niente di più vero Angelo, il mio affetto per te non potrà mai rubarlo nessuno!
Ti chiedo scusa se mi permetto di parlare di tuo padre, ma voglio dirti che da lassù, ha visto tutto il bene che hai fatto e per la seconda volta mentre ti scrivo queste parole pieno di affetto e gratitudine per te mi scendono le lacrime.Sono sicura che è fiero di te e di se stesso per aver cresciuto un Angelo!!!
Ora non sono al top del top ed ho ancora tanta strada da fare, ma ho già fatto tante cose che se tu non fossi entrata nella vita, non so come sarebbe andata. Mi ricordo quella sera che hai preso la mia faccia in mano e con un sorriso da riempire il cuore mi hai detto che io avrei fatto tante cose belle. Mi hai fatto sentire qualcuno, mi hai fatto sentire importante, che meritavo di essere al mondo, che avevo anch’io un posto esattamente come tutti.
Capisci Angelo mio? Come potrebbe il mio cuore non volerti un mondo di bene !!!
Buona Pasqua! Da una pazza ribelle

17.4.2019

A volte succede, oggi è successo. Ho ricevuto una lettera d’amore, quell’amore che raramente incontri nella vita.
A me è successo ed ho pianto. Si ho pianto di tenerezza, di gioia, di tristezza. Perché chi mi ha scritto è una donna speciale che ha saputo tradurre in speranza e forza le mie parole, i miei abbracci, i miei sorrisi. Avrei dovuto scrivergliela io quella lettera d’amore, ma lei è arrivata prima. Perché lei è una donna che da sempre lotta, perché la vita non le ha mai regalato nulla, solo indifferenza, umiliazioni e tanta violenza.

Il mondo è in debito con te mia cara.
Grazie, grazie a te che hai ancora avuto  fiducia nel genere umano. Io non lo so’, credo che sarei incazzata con il mondo intero se avessi dovuto subire quanto hai vissuto tu.
Hai  saputo tradurre la sofferenza in amore e questo non è da tutti.
Grazie, grazie, grazie di Te
Ti adoro mia giovane amica.
Adobella ❤


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Paura, solo tanta paura ho letto nei tuoi occhi quando mi imploravi di portarti via.
"Ogni giorno per un motivo inesistente mi insultavi, minacciavi, mi picchiavi e la notte , mi violentavi .
Ho vissuto con il terrore per anni, non potevo incontrare la mia famiglia, non potevo parlare con un'amica.
Poi hai preteso che mi licenziassi perché ho scherzato al telefono con un collega. Sei riuscito ad isolarmi totalmente , anche il telefono mi hai tolto. Uscivo solo per accompagnare il bambino a scuola, ma rigorosamente accompagnata da tuo padre.
Ora ti disperi, ti dici pentito e mi vuoi di nuovo a  casa.
E no mio caro, ti ho sposato per amore, ti ho accontentato per dovere, ti ho ubbidito per paura.
Ora basta, affronterò tutte le difficoltà che incontrerò nel percorso della vita, a testa alta racconterò la verità e imparerò che cosa significa essere libera."

Glenda, una donna che ho incontrato alcuni anni fa al pronto soccorso. Era stata picchiata più volte e aveva  segni su tutto il corpo.
Gli occhi erano quasi chiusi , gonfi per le tante botte che aveva ricevuto, le braccia e le gambe rosse, i capelli sulla nuca strappati .
L'ho abbracciata piano per non farle male, il corpo era ferito e poi scoprirò  quanto lo fosse la sua anima.
In silenzio ci avviamo verso "la casa".
Non oso parlare, lei non c'è .
La sua mente e' altrove, confusa, disorienta, non ha ancora capito bene che cosa stia succedendo .
Glenda ha vissuto gli ultimi nove anni della sua via in schiavitu', costretta alla prostituzione , a subire violenze e umiliazioni di ogni genere. Con il passare dei giorni abbiamo avuto modo di conoscerci e di fidarci, mi ha raccontato tanti momenti terribili di quei nove anni. Ma anche dell'attenzione che ha ricevuto da alcuni clienti che erano lì per il loro piacere e vedendo la sua disperazione , il suo pianto , non hanno preteso da lei nessun servizio e le hanno dato i soldi che le avrebbero dovuto per la prestazione. Che strano, non ci avevo mai pensato, ma anche in questo mondo oscuro, fatto di violenza, esiste  un'anima. Mi ha raccontato molto, io sentivo il dolore sulla mia pelle, il sangue mi ribolliva nelle vene. Intanto i suoi lividi diventavano sempre più blu e le vecchie ferite erano ormai tatuaggi permanenti.
Al  terzo giorno, come dice il Vangelo , anche lei è resuscitata, i suoi occhi erano limpidi, svegli, mi ha chiesto degli abiti, voleva buttare il passato.
Abbiamo riso quando se li misurava  perché le erano grandi e faceva le facce buffe, abbiamo riso quando mi sono bagnata la maglia bevendo l'aranciata, quando ho commentato il suo panino a quattro piani, quando abbiamo parlato di donne che pagavano per farsi  gonfiare le labbra, abbiamo riso, perché le sue labbra erano sempre gonfie di botte.
Abbiamo riso insieme, perché si può ridere anche solo per ridere.
#ricordichescaldanoilcuore

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Mai+Sole (Mai più Sole) è un'Associazione costituita da donne che si occupano di donne che subiscono violenza fisica e psicologica. Svolge attività finalizzata a prevenire e a contrastare queste violenze e rappresenta un primo punto di riferimento per le donne che vivono questo disagio, fornendo le informazioni e gli strumenti per intraprendere un percorso di uscita dalla spirale della violenza.